Non tutti conoscono un aspetto della vita di Papa Paolo III, sicuramente meno importante dell'Alto Magistero cui era stato chiamato, ma di grosso rilievo per chi si occupa di vini e di enologia in generale. Il Papa, infatti, era un grande appassionato di vini, a tal punto che aveva al suo servizio un "sommelier" personale che a quei tempi si chiamava "bottigliere", colui che aveva cura del servizio dei vini presso le famiglie patrizie, suggerendone l'acquisto e il loro appropriato uso. Il personaggio in questione era Sante Lancerio, vissuto tra il 1500 e il 1550 (forse anche più in là), e ci ha lasciato un'importante testimonianza dei vitigni e dei vini d'Italia (ma anche di Spagna e Francia) di quel periodo.
Domenico Romoli (soprannominato Panunto) ne "La singolar dottrina" del 1560 ci spiega le funzioni ricoperte da Sante Lancerio. Per esempio ci dice che tra i requisiti di un buon bottigliere c'era, ovviamente, il riconoscimento delle qualità positive e negative dei vini "acciocché possiate conoscere tutti li difetti che potesse aver quel vino che più piacerà al vostro padrone", nonché la stagione ideale per il consumo "...l'invernata malvagìa, moscatello o vernaccia...". In totale accordo con la tendenza attuale che suggerisce ad ogni cibo un vino, Romoli fa un elenco di abbinamenti : "...in su gli arrosti vini rossi e mordenti..." e così via.
Sante Lancerio va più in là. Infatti, è del 1549 (forse) la famosa lettera scritta al Cardinale Ascanio Sforza che può essere considerata a buon diritto il primo trattato moderno di enologia. In essa si trovano valutazioni riguardo al colore, ai profumi, ai sapori, al retrogusto, alla gradazione alcolica, alla longevità e all'abbinamento della maggior parte dei vini fino allora conosciuti, con le preferenze del Papa, che si rivela essere un raffinatissimo degustatore.
Elencare tutti i vini riportati da Lancerio sarebbe troppo lungo. Limitandoci ai vini della Tuscia, siamo in possesso di una prima relazione redatta dallo stesso bottigliere che accompagnò Sua Santità in un viaggio fatto nel 1536 alla volta di Nizza. Il viaggio fu fatto per "pacificare Carlo V imperatore cattolico, con Francesco cristianissimo re di Francia". Ovviamente ogni tappa era allietata da suntuosi banchetti in cui il vino era degno accompagnamento delle raffinate pietanze. La scrupolosa cronaca si apre coi vini di Ronciglione, dove "erano buoni vini, massime di una vigna che Sua Santità, in minoribus, fece piantare". Viterbo, invece, "non ha buoni vini né buona acqua in sé, ancorché ne sia abbondantissimo". Stupisce il giudizio negativo su Montefiascone "dove non è buon vino, anco ne habbi il nome". Meglio i vini di Grotte di Castro e Acquapendente: "...Grotte fa ottimo vino tanto rosso quanto bianco così come Acquapendente, dove sono alcuni buoni vinelli...".
Passando all'aspetto più propriamente "enologico" della lettera, Sante Lancerio così esordisce, rivolgendosi al cardinale G.A. Sforza: "...Conoscendo Ill.mo et Ecc.mo mio padrone et benefattore, quanto sia utile alla vita mondana il bere, massime essendo la terza parte del nutrimento corporeo; mi è parso dare alcuna cognitione et diletto a V.S.R., come pure utilità ad ogni medico, nel dire delle qualità dei vini et delle bevande, che alla felice memoria di S.S. Paolo III, avolo suo et mio padrone et benefattore, piacevano...".
Segue l'elenco dei vitigni e dei vini allora conosciuti. C'è, ad esempio, una interessante descrizione di un vino oggi assai "di moda", il Moscato, che Lancerio considera ottimo quando "non sia di color acceso, ma di colore dorato, non fumoso (alcolico) et troppo dolce, ma amabile, et habbia del cotognino et non sia agrestino".
Quanta modernità in questa descrizione! Il Moscato (anzi i moscati) è tra i vitigni più antichi ed ebbe enorme successo fin dall'antichità, grazie alle sue caratteristiche di piacevole aromaticità delle uve che vengono trasmesse inalterate al vino che ne deriva. Profumi di rosa, di frutta (il "cotognino" descritto poco sopra), di salvia sono alcuni riconoscimenti olfattivi caratteristici; il moscato deve avere poi colore giallo dorato per essere corretto, mentre come per tutti i vini dolci è importante che questa caratteristica non sia molto accentuata, cioè troppo dolce, pena la stucchevolezza del vino stesso. Inoltre una alcolicità contenuta, permette di apprezzare al meglio le caratteristiche di delicatezza del vino, proprio come Sante Lancerio ci ha detto.
Parlando dei vini di Gradoli troviamo una prima menzione del vino di Monterano (che, come meglio vedremo, era considerato il vino migliore), e inoltre c'è anche la descrizione del primo esempio di "Cru" (piccolo appezzamento di vigna dalle caratteristiche eccezionali). Dice infatti Lancerio: "...sono anche a Gradole dei perfetti vini, massime della vigna del Fanuzzo, di Vico, di Cecco il calzolaio, et di una vigna che il Duca di Castro fece piantare del vitame di Monterano, è vero però che non fa il vino di quella bontà...".
Interessante la descrizione del vino di Caprarola, perché Sante Lancerio individua nel terreno di questa località l'elemento in grado di dare particolari sentori al vino prodotto (oggi li classifichiamo come profumi "minerali"), anticipando in tal modo il moderno concetto di "terroir", vale a dire l'insieme costituito da vitigno, sistema d'allevamento, caratteristiche del suolo, microclima, fattori umani che caratterizzano e tipicizzano un vino.
Infatti ci dice che "tale vino sente alquanto del terreno, et chi non lo ha in uso crederà la botte trista, ma è un delicato bere, et resiste tanto in barili quanto in fiaschi a portarlo in viaggio".
Vista quindi la straordinaria perizia tanto del "bottigliere", quanto del Papa, assume particolare importanza quello che Lancerio dice riguardo il vino di Monterano. Lancerio ci dice che tra tutti i vini assaggiati, quello giudicato migliore da lui e dal Papa era proprio il vino di Monterano: "...Si porta all'alma Roma per terra da un castello così chiamato, distante da Roma una grande e grossa giornata. Questo è un castello antico di casa Orsini et vi è una grandissima selva domandata Lamantiana. Questo vino è tanto buono, che a volere narrare la sua propria bontà et scrivere assai, sarei troppo lungo et non potrei tanto scriverne et laudarlo, quanto più merita essere laudato. Tale vino credo certo, secondo il mio giudizio et la mia esperienza, non habbi pari bevanda in tutta Italia...". Si trattava di un vino di colore rosso rubino e dall'odore di viola mammola, "...et è saporito si che lascia la bocca, come se uno avesse bevuto o mangiato la più moscata cosa che si possa. Esso ha una venetta di dolce, con un mordente tanto soave, che fa lagrimare d'allegrezza, bevendolo...". Le lodi continuano perché,oltre ad essere buono, tale vino è "digestivo, aperitivo, nutritivo e cordiale, sicché, secondo me, un signore non può bere migliore bevanda (in Roma) di questo vino". La bevanda si può bere "a tutto pasto" perché, oltre ad essere digestivo, "purga il ventre".
Lancerio offre la sua interpretazione circa la salubrità del pregiato nettare, dal momento che "il terreno dove si piantano le vigne è molto forte e tufato, et è luogo calido, rispetto alle grandissime selve che lo circondano, et anco in molti luoghi il terreno, per la sua calidità, sente il zolfo. Ci sono in questo luogo edificii antichissimi, dove si conduceva et si faceva la miniera di zolfo". Il Papa amava bere alcuni "vinetti asciutti" del luogo, avendo cura di conservarli nelle grotte "calde l'inverno et la estate freddissime". Sua Santità cominciava a bere tali vini "alli primi vini novi" e continuava a bere quelli dolci per tutto il mese di maggio ed anche "se si salvavano a tutto Luglio. Et gli asciutti beveva nella stagione rimanente, et faceva onore al luogo".
La fama del vino di Monterano era tale che "molti prelati vorriano bere, ma per essere il luogo picciolo, vi si fa poco vino, onde bisogna che essi habbino patientia"... Sante Lancerio ci dice che il padrone del luogo era il Conte dell'Anguillara "et al presente ne è padrone l'Illustrissimo sig. Paolo Giordano Orsini".
La conclusione dell'estasiato Lancerio è quanto mai entusiastica: "Io non mi sazierei mai, né potrei dare tante lodi al detto vino, quanto è meritevole la bontà e perfettione sua, ma lascerò luogo all'esperienza, et al vino la sua bontà, per non affaticarmi a cosa impossibile". Non sappiamo di quale vitigno si trattasse ma ci fidiamo delle lodi che i due personaggi tessono nei riguardi del vino di Monterano.
Oggi, purtroppo, di quei fasti resta ben poco. Voglio quindi esprimere tutto il mio disappunto verso una politica scellerata che ha relegato la coltivazione della vite all'ultimo posto, togliendo redditività alla coltura "più antica del mondo", con il risultato che gran parte dei vigneti che una volta si estendevano nel territorio, ora non esistono più. Sarebbe auspicabile che, leggendo queste righe, si ritorni a piantare vigne, magari cercando e recuperando quelle piante che potrebbero derivare dai quei ceppi nobili che hanno dato vita, 500 anni fà, al miglior vino d'Italia.
Un sogno? Forse. Ma a volte i sogni si avverano...
un contributo di Vittorio Gradoli (Sommelier AIS)
Not everyone knows an aspect of the life of Pope Paolo III, less relevant than his Magisterium but of great importance for those who deal with wine and enology in general. In fact, the Pope was such a great wine enthusiast that he had a personal sommelier at his disposal, then called bottigliere (from the italian bottiglia, bottle and bottler in english, TN), who used to take care of the wine service for the patrician families, suggesting the purchase of wine and its most appropriate food matches. The character in question was Sante Lancerio, who lived between 1500 and 1550 (maybe over). He left an important testimony about grape varieties and italian wines (but also Spanish and French ones of that period).
Domenico Romoli (nicknamed Panunto), in "La Singular Dottrina" of 1560 explains the roles held by Sante Lancerio. For example, he tells that one of the requirements of a good bottigliere was, obviously, to recognize the good and bad qualities of wines “acciocchché possiate conoscere tutti i difetti che potesse avere quel vino che più piacerà al vostro padrone” (so that you recognize all the flaws of the wine that your master likes the most), as well as the ideal season to drink it”… “…l’invernata malvagìa, moscatello o vernaccia…” (in winter, muscat or grenache). In total agreement with the current trend of pairing the right wine with a specific dish, Romoli makes a list of matching: “…in sugli arrosti vini rossi e mordenti…” (with roast red and mordant wines) and so on.
Sante Lancerio goes even farther. In fact, the famous letter he wrote in 1549 to Cardinal Ascanio Sforza can be considered, rightly, the first modern oenological treatise. There you can find evaluations regarding the color, aromas, taste, aftertaste, alchol content, longevity and matching of the most part of wines then known, with the Pope’s favorites, who turns out to be a highly sophisticated taster.
To list all the wines reported by Lancerio woukd take too long. To focus on the wines of Tuscia, we are in possession of a first report prepared by the bottigliere who accompanied the Pope on his journey to Nizza in 1536. The journey was made in order to “pacificare Carlo V imperatore cattolico con Francesco cristianissimo di Francia” (pacify Carlo V catholic emperor with Francesco the most christian King of France). Obviously, every stage of the journey was delighted by sumptuous banquets where wine was the worthy companion to refined dishes. The detailed chronicle opens with the wines of Ronciglione, where “erano buoni vini, massime di una vigna che Sua Santità, in minoribus, fece piantare.” (there were good wines of a vineyard that his Holiness, in part, planted). Viterbo, on the other hand, “non ha buoni vini né buona acqua in sé, ancorché ne sia abbondantissimo.” (does not have good wines nor good water, although it’s plenty of”. It’s surprising the negative judgement on Montefiascone “dove non è buon vino, anco ne habbi il nome” (where there’s no good wine, despite its name (Montefiascone, litterally monte = mount and fiascone=grande fiasco, big flask usually filled with wine, ndt). Better are the wines of Grotta di Castro and Acquapendente: “…Grotte fa un ottimo vino tanto rosso quanto bianco così come Acquapendente, dove sono alcuni buoni vinelli…” (…Grotte produces excellent red and white wines and so does Acquapendente, where you can find good piquettes…”
As for the pure “aenological” aspect of the letter, this is how Sante Lancerio begins, addressing to Cardinal G.A. Sforza: “…conoscendo Ill.mo et Ecc.mo mio padrone et benefattore, quanto sia utile alla vita mondana il bere, massime essendo la terza parte del nutrimento corporeo; mi è parso dare alcuna cognitione et diletto a V.S.R., come pure utilità ad ogni medico, nel dirle delle qualità dei vini et delle bevande, che alla felice memoria di S.S. Paolo III, avolo suo et mio padrone et benefattore, piacevano…” (knowing, Most illustrious and Most excellent lord and benefactor, how drinking is useful to daily life, beeing it the third part of body nourrishment, I thought to give V.S.R. some knowledge and pleasure, as well as some utility to some doctors, mentioning some qualities of drinks, beverages and food that my lord and benefactor S.S. Paolo III, your ancestor and my lord and benefactor, liked…).
The list of the grape varieties and wines then known follows. For example, there is an interesting description of a wine very much in vogue today, Moscato, that Lancerio considered of fine quality when “non sia di colore acceso, ma di colore dorato, non fumoso (alcolico) et troppo dolce, ma amabile, et habbia del cotognino et non sia agrestino.” (it must not be of excessive colour, but golden, of a smell not too acute (alcoholic), sweet, not too sweet, not of the country and that has cotognino -aspect, taste and smell of mela cotogna, vino cotognino).
So much modernity in this sentence! Moscaty (or better Moscati) is among the the most ancient grape varieties and had a great success since the ancient times, thanks to its properties of pleasant aroma of the grapes that are transmitted to the wine. Scent of roses, fruit (the cotognino described above), and sage are just some of its olfactory perceptions; Moscato first of all must be of a golden yellow color while the sweetness, as for any sweet wine, musn’t be very accentuated, or the wine will be cloying. Moreover, a wine with a moderate alcoholic content allows you to better enjoy its delicate properties, just like Sante Lancerio said.
Talking about the wines of Gradoli, we find the first mention of the wine of Monterano (that, as we will see, was considered the best). Moreover, there is the first example of “Cru”, “…piccolo appezzamento di vigna dalle caratteristiche eccezionali”, (small vineyard with exeptional characteristics). Lancerio says: "...sono anche a Gradoli dei perfetti vini, massime della vigna del Fanuzzo, di Vico, di Cecco il calzolaio, et di una vigna che il Duca di Castro fece piantare del vitame di Monterano, è vero però che non fa il vino di quella bontà..." (…also in Gradoli are excellent wines of the vineyard of Fanuzzo, Vico, Cecco the shoemaker and of a vineyard with the grape of Monterano that Duca di Castro planted, but it doesn’t make wine of that quality...)
Very interesting is the description of the wine of Caprarola, because Sante Lancerio identifies in its land the element responsible of a particular sentori (which we today define as “mineral” scents), anticipating the modern concept of “terroir”, that’s to say the sum of the characteristics of vitigno (grape varietiy), breeding system, soil, microclime and human factors that tipify a wine. In fact, he says that “tale vino sente alquanto del terreno, et chi non lo ha in uso crederà la botte trista, ma è un delicato bere, et resiste tanto in barili quanto in fiaschi a portarlo in viaggio” (That wine is very affected by the soil and who doesn’t have it will think that the barrel is sad, but it’s a fine wine that will resist both in barrels and in flasks during a journey).
Considered the extraordinary expertise of both the bottigliere and the Pope, it is of great importance what Lancerio says about the wine of Monterano. Lancerio tells that of all the wines he and the Pope tasted, the best was that of Monterano: “…Si porta all'alma Roma per terra da un castello così chiamato, distante da Roma una grande e grossa giornata. Questo è un castello antico di casa Orsini et vi è una grandissima selva domandata Lamantiana. Questo vino è tanto buono, che a volere narrare la sua propria bontà et scrivere assai, sarei troppo lungo et non potrei tanto scriverne et laudarlo, quanto più merita essere laudato. Tale vino credo certo, secondo il mio giudizio et la mia esperienza, non habbi pari bevanda in tutta Italia..." (…?... far from Rome a whole day. This is an ancient castle belonging to the Orsini house and there is an extensive wood called Lamantiana. This wine is so good that it would take too long to describe its excellence and even if I tried I could never praise it as it deserves. According to my opinion and experience, I’m sure in Italy there is no better wine than this). It was a wine of a red ruby colour and of violet scent, "...et è saporito si che lascia la bocca, come se uno avesse bevuto o mangiato la più moscata cosa che si possa. Esso ha una venetta di dolce, con un mordente tanto soave, che fa lagrimare d'allegrezza, bevendolo..." (…and its taste leaves your mouth as if you’d just drunk or eaten the most muscat thing in the world. It has a slight vein of sweetness and with such a gentle grit that makes you cry with joy). Praises go on since, besides being good, that wine is “digestivo, aperitivo, nutritivo e cordiale, sicché, secondo me, un signore non può bere migliore bevanda (in Roma) di questo vino” (digestive, perfect for appetizers, rich in nutritional properties and friendly at a point that a lord won’t drink a better wine (in Rome). You can drink it throughout the meal because, besides beeing digestive, it cleanses the stomach.
Lancerio gives his own interpretation about the healthiness of the precious nectar, since "il terreno dove si piantano le vigne è molto forte e tufato, et è luogo calido, rispetto alle grandissime selve che lo circondano, et anco in molti luoghi il terreno, per la sua calidità, sente il zolfo. Ci sono in questo luogo edificii antichissimi, dove si conduceva et si faceva la miniera di zolfo" (the soil where this grape variety grows is very strong and tuff and it’s a warm place compared to the surrounding forests , moreover, in some points the soil, because of the warm temperatures, is rich in sulphur. In this place there are very ancient buildings where a sulphur mine was). The Pope loved to drink some “vinelli asciutti” (dry piquettes) of the place which he used to store in caves "calde l'inverno et la estate freddissime" (warm in winter and very cool in summer). He began to drink them "alli primi vini novi" (with the new wine) and kept on drinking the sweet ones for the whole month of May) ed anche "se si salvavano a tutto Luglio. Et gli asciutti beveva nella stagione rimanente, et faceva onore al luogo" (if they were still good, for the entire month of July). And he used to drink the dry ones during the rest of the season, honoring the place.
Such was the fame of the wine from Monterano that "molti prelati vorriano bere, ma per essere il luogo picciolo, vi si fa poco vino, onde bisogna che essi habbino patientia…” (a lot of prelates would like to drink it, but the place is small and it produces little wine, so they have to be patient…). Sante Lancerio tells us that the lord of the place was the Conte dell’Anguillara, the Count of Anguillara "et al presente ne è padrone l'Illustrissimo sig. Paolo Giordano Orsini" (and today the lord is the most illustrious Paolo Giordano Orsini).
The conclusion of the ecstatic Lancerio is very enthusiastic: "Io non mi sazierei mai, né potrei dare tante lodi al detto vino, quanto è meritevole la bontà e perfettione sua, ma lascerò luogo all'esperienza, et al vino la sua bontà, per non affaticarmi a cosa impossibile" (I would never be satisfied, neither would praise that wine as much as it deserves for its goodness and perfection, but I invite you to experience the tastes and flavors ot the wine, so that I won’t have to try an impossible enterprise). We don’t know which grape variety he refers to, but we trust the praise of the two characters towards the wine of Monterano.
Today, unfortunately, little remains of those glories. So I want to express all my disappointment with the nefarious policies that relegated the cultivation of grape to the last place, removing profitability from “the most ancient cultivation in the world”, causing most of the vineyards that once extended in the territory to disappear. I wish that, reading these lines, we all could come back to plant vineyards, maybe searching and recovering the little plants descending from those noble logs which gave birth, 500 years ago, to the best Italian wine. Is that a dream? Maybe, but sometimes dreams come true.
A contribute by Vittorio Gradoli (Sommelier AIS)